Come tutti gli aspetti della vita quotidiana, anche le abitudini e i comportamenti alimentari sono cambiati nel tempo, per adattarsi a nuove tendenze ed esigenze, portando ad un maggior consumo di pesce crudo o praticamente crudo.
Mangiare spesso pesce crudo aumenta la possibilità di imbattersi in alcuni parassiti, nel dettaglio gli Anisakis, che possono provocare patologie anche gravi nell’uomo.
L’Anisakis è un parassita marino che vive all’interno di diversi pesci, molluschi o mammiferi marini.
Tra gli organismi marini più a rischio troviamo: il merluzzo, il tonno, il salmone, il nasello, l’aringa, il polpo, il calamaro e la seppia.
La presenza di questo parassita è più diffusa in pesce crudo, come sushi, sashimi e carpacci, ma può ugualmente essere presente in pesce cotto se non sottoposto ad un corretto procedimento di cottura o congelamento.
L’Anisakis, se ingerito, può causare gravi problemi nella salute umana: nel dettaglio, provoca l’Anisakiasi o Anisakidosi, una patologia gastrointestinale che può avere diversi sintomi, nei casi più gravi anche mortali.
I sintomi dell’Anisakiasi, generalmente, iniziano a comparire nelle prime 4-6 ore dall’ingestione del parassita, quando il sistema gastrointestinale svolge il processo di digestione.
La gravità dei sintomi può variare a seconda della quantità di parassiti ingeriti, dalle caratteristiche fisiologiche e dalla risposta dell’organismo dell’individuo.
I sintomi possono essere i seguenti:
- Nausea e vomito;
- Dolori addominali;
- Febbre;
- Dissenteria.
Nei casi più gravi, l’Anisakiasi può provocare ostruzioni o perforazioni intestinali e reazioni allergiche. Il tasso di mortalità dovuto a questa patologia è generalmente basso.
È fondamentale sottolineare che la presenza di sintomi persistenti o un peggioramento delle condizioni richiede un intervento medico tempestivo, con la probabile necessità di un intervento chirurgico per la rimozione del parassita.
La prevenzione è la chiave per sottrarsi a tali complicazioni, eseguendo le pratiche previste dalla normativa e dalle buone prassi igieniche volte a garantire l’eliminazione, o comunque la riduzione, di questo rischio alimentare.
In tal ambito, il Regolamento (CE) n. 853/2004 (precisamente nell’allegato III, sezione VIII, capitolo III, parte D) stabilisce che “gli operatori del settore alimentare devono garantire che determinati prodotti della pesca, inclusi i prodotti che vanno consumati crudi o praticamente crudi, vengano sottoposti ad un trattamento di congelamento per uccidere i parassiti vitali che potrebbero costituire un rischio per la salute dei consumatori.”
In sostanza i prodotti ittici, soprattutto se destinati al consumo da crudi, devono essere abbattuti con un trattamento ad una temperatura di -20°C per 24 ore al cuore del prodotto, oppure a -15°C per 96 ore e a -35°C per 15 ore. Tale abbattimento del pesce deve essere indicato obbligatoriamente sull’etichetta del prodotto, come stabilito dal Regolamento CE n. 1169/2011.
È inoltre di fondamentale importanza che il personale addetto al trattamento ditali alimenti venga adeguatamente formato in materia di autocontrollo sull’igiene degli alimenti.
Si sottolinea che la somministrazione di prodotti ittici crudi non può essere effettuata senza la preventiva notifica all’AUSL, come deliberato dal Reg. CE n. 853/2004.