PMI E PIANO ECONOMICO: LA BUSSOLA DEL SUCCESSO IMPRENDITORIALE

Per evitare confusioni, è bene fare subito una premessa: nel linguaggio economico-aziendale la locuzione piano economico ha un significato ben preciso, da non confondere con piano finanziario o con altre espressioni contenenti la parola piano.

Un piano economico si estrinseca in un conto economico preventivo riferito ad un arco di tempo futuro, e contiene la previsione dei ricavi, dei costi e dei risultati economici della gestione aziendale futura, relativamente ad un periodo pluriennale.

Qualora la proiezione futura si limiti ad 1 anno, si parla più precisamente di budget economico.

Il piano economico è solo un pezzo del piano pluriennale e, di per sé, rivela solo un aspetto dei risultati futuri attesi dalle scelte strategiche aziendali.

Rappresenta quello step della proiezione dell’azienda nel futuro, senza cui l’imprenditore non è in grado di capire se le sue scelte di business produrranno o meno dei profitti.

Piano è un termine altisonante, che apparentemente si scontra con la realtà organizzativa e le esigenze delle piccole imprese.

Queste sovente si vantano di essere flessibili e immuni dai vincoli imposti da pratiche gestionali evolute, ma ciò non giustifica la navigazione a vista a cui spesso sono condannate dal loro approccio basato su intuito, esperienza, tempestività di risposta.

Sempre più spesso, quando le piccole imprese presentano richieste di finanziamento (a banche o altri soggetti), viene loro richiesto un piano completo di tutte le sue parti, che però ha sempre nella parte economica (a cominciare dai ricavi di vendita) il punto di partenza di ogni ragionamento.

Dunque, ciò che è palesemente un’esigenza logica per un finanziatore o investitore esterno, può essere meno necessario per l’imprenditore stesso?

Frequenti affermazioni, del tipo il mercato è imprevedibile, sono la giustificazione per la sfiducia nell’utilità di piani e budget, ma in realtà nascondono un equivoco di fondo: vedere la pianificazione come uno sforzo per azzeccare dei pronostici, quando invece è uno sforzo per indirizzare la gestione verso obiettivi prestabiliti e chiari, verificandone a priori la fattibilità.

Naturalmente lo sforzo di indirizzo o guida può essere compromesso da tanti eventi non previsti, ma l’alternativa (non fare niente) a lungo andare condanna all’improvvisazione, a scelte dettate dall’emergenza e in generale ad un approccio miope.

Un corretto modo d’intendere il piano economico consiste nel vederlo come uno strumento per misurarevalutare l’equilibrio economico della gestione futura.

L’equilibrio economico è la capacità dell’impresa di coprire con i ricavi tutti i costi sostenuti per rimunerare i fattori produttivi impiegati, garantendo allo stesso tempo una congrua remunerazione del capitale portato dai proprietari.

Ciò avviene attraverso il reddito netto d’esercizio, che è la misura per eccellenza dell’equilibrio economico di un dato periodo. 

 

Quando è opportuno preparare un piano economico?

A questa domanda si dovrebbe rispondere sempre, perché la previsione dei ricavi e dei costi costringe l’imprenditore e i suoi più stretti collaboratori a porre degli obiettivi di lungo periodo e a provare a ragionare su come raggiungerli con scelte corrette di gestione.

In molti casi, però, a far scattare la molla della pianificazione economica è un’esplicita richiesta delle banche, che vogliono rendersi conto della sostenibilità del progetto imprenditoriale da finanziare. La validità di tale progetto poggia innanzitutto sulla sua attitudine a creare reddito.

Anche se una consolidata prassi bancaria attribuisce alle garanzie offerte dai clienti un peso rilevante, sottovalutare il principio che il merito di credito si basa sulla capacità di reddito può portare a conseguenze nefaste.

Di seguito riportiamo un semplice esempio di schema del conto economico preventivo pluriennale.

Immaginiamo che sia stato costruito nel 2023 e abbracci il successivo triennio.

Una cosa importante da sottolineare è che il risultato chiamato reddito operativo (EBIT) deriva dalle scelte aziendali di business (vendite, produzione, acquisti, ecc.), mentre la voce oneri finanziari riflette le scelte in materia di fonti di finanziamento, ed in particolare i finanziamenti con vincolo di debito.

Come si intuisce, il piano economico, arrivati all’EBIT, non può essere completato se prima non si chiarisce l’entità dei debiti, da cui dipendono gli interessi passivi.

In altre parole, piano economico e piano finanziario sono interdipendenti e si co-determinano.

Solamente dopo la stima dei ricavi derivanti dalle vendite e dei costi corrispondenti all’impiego delle varie risorse, sarà possibile fare anche le previsioni finanziarie.

A questo punto risulta più chiara la differenza tra piano economico e piano finanziario.

In parole semplici:

- Il piano economico prende spunto dalle scelte di gestione in materia di vendite, produzione, acquisto e utilizzo dei vari fattori produttivi ed esprime i risultati attesi in termini di ricavi e di costi d’esercizio.

- Il piano finanziario esprime i movimenti finanziari della gestione futura (entrate e uscite), derivanti sia da ricavi e costi che da altre operazioni, come apporti di capitale da parte dei soci, rimborso di finanziamenti bancari, disinvestimento di immobilizzazioni, ecc.

Un’osservazione importante per cogliere meglio la differenza tra i due piani è la seguente: la dinamica finanziaria delle entrate e delle uscite di mezzi liquidi (a parte le operazioni di gestione non collegate a ricavi e costi) non corrisponde a quella economica.

Normalmente i ricavi si incassano a distanza di tempo da quando avviene la vendita, così come i costi si pagano in modo differito rispetto all’acquisto e utilizzo del fattore produttivo. In altre parole, il fattore “tempo” è alla base della differenza tra i due profili.

Piano economico e piano finanziario sono reciprocamente collegati e sono parte integrante del piano economico-finanziario d’impresa.

Quest’ultimo si materializza in un bilancio preventivo pluriennale, che contiene anche lo stato patrimoniale al termine di ciascuno degli anni del periodo del piano, con l’evidenziazione, da un lato, delle attività e, dall’altro, delle passività più il patrimonio netto.

È bene puntualizzare che considerare separatamente il piano economico e quello finanziario come se si potesse fare solo l’uno o solo l’altro è sbagliato: si tratta invece di “due facce della stessa medaglia”, vale a dire il profilo economico e quello finanziario della gestione futura, analizzata nei vari periodi che compongono il piano pluriennale.

Quest’ultimo è un tutto unico e la sua costruzione richiede che sia redatto un piano economico per poter procedere alla costruzione del piano finanziario, il quale a sua volta ha un impatto evidente sul piano economico (si pensi solo alla previsione degli oneri finanziari).

 

 

Fonte: https://farenumeri.it/piano-economico/

 

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