La nozione di frode di cui all’art. 173 l.f. ha valenza funzionale, giacché essa non viene in evidenza per il disvalore in sé della condotta, ma per l'idoneità del contegno a falsare e compromettere la genuina formazione della volontà del ceto creditorio.
Se, quindi, "in frode" sono gli atti potenzialmente idonei a perturbare il consenso informato dei creditori sulle (reali) prospettive di soddisfacimento rappresentate nella proposta concordataria, non possono dirsi tali le condotte ed i fatti che non abbiano dato luogo ad un deficit informativo dei creditori idoneo ad incidere sulle valutazioni che costoro sono stati chiamati a compiere in sede di voto.
Nel caso di specie, ai creditori sono stati forniti e comunicati tutti gli elementi necessari per una corretta valutazione della convenienza della proposta, atteso che i fatti valorizzati dall’Agenzia delle Entrate in conseguenza delle ipotizzate condotte distrattive, depauperative e decettive che hanno dato luogo al procedimento penale sono state puntualmente riportate - e quindi anche vagliate - nella relazione del Commissario giudiziale ex art. 1721.f., poi trasmessa a tutti i creditori in vista dell’adunanza.
Non si tratta, quindi, di fatti taciuti o dissimulati e poi scoperti giacché emersi nel procedimento; né, come pure accertato dall'organo commissariale, nel corso del procedimento sono emersi elementi di giudizio idonei a revocare in dubbio la situazione contabile, patrimoniale, economica e finanziaria precisamente fotografata dalla società ai fini dell'allestimento della proposta indirizzata ai creditori e, prima ancora, verificata dal Commissario ai fini della riclassificazione in sede di redazione della relazione ex art. 172 l.f.
Fonte: Il Caso.it