Per avere una prima idea molto basilare del Controllo di Gestione si può pensare al display sul cruscotto di un’automobile, che segnala un gran numero di parametri utili, e a volte indispensabili, per una guida non sicura e confortevole.
Si pensi, ad esempio al dato relativo alla pressione di uno o più pneumatici, che è scesa a livelli di guardia e richiede un gonfiaggio in tempi non troppo lunghi, per ripristinare condizioni normali di guida o addirittura impone di sostituire subito la gomma.
Che cosa ci dice questo esempio? Più cose di quanto sembri a prima vista:
- In primo luogo, che una guida sicura non può prescindere da un sistema di monitoraggio, non solo di ciò che avviene dentro o sotto l’auto, ma anche fuori.
- Il monitoraggio non può limitarsi alla segnalazione di condizioni di emergenza, ma anche per rendere possibile una guida normale e un’esperienza piacevole se non addirittura gratificante.
- Infine, ci ricordano che beep, figure, simboli sono importanti, ma niente come i dati quantitativi (ad esempio la temperatura prossima allo zero) cattura l’attenzione del conducente e lo motiva ad una guida di volta in volta cauta, rilassata o sportiva.
Trasferendo l’esempio automobilistico alla realtà delle aziende, possiamo cogliere un po’ meglio alcune peculiarità del Controllo di Gestione.
Partiamo con il dire che il Controllo di Gestione è un sistema di monitoraggio che misura in modo preciso i risultati e raccoglie numeri e dati quantitativi.
In particolare, due di queste sembrano decisive per convincere anche le aziende piccole e con problemi organizzativi a valutare i rischi di una navigazione a vista e i pregi di un sistema di misurazione dei risultati.
La navigazione a vista, apparentemente sintomo di flessibilità e di leggerezza organizzativa, è in realtà quasi sempre sinonimo di gestione improvvisata, perché priva di consapevolezza di ciò che sta succedendo internamente e sul mercato, che può facilmente degenerare in situazioni di crisi o, se va bene, portare al conseguimento di risultati inferiori a quelli che si potrebbero avere.
Una gestione supportata da adeguati sistemi di rilevazione e monitoraggio è tanto più efficace quanto più si diffonde in azienda, a partire dal livello della direzione, una cultura dei numeri che, senza rinunciare all’intuito e, all’esperienza, spesso all’origine del successo delle PMI, arricchisca e disciplini queste doti con la forza dei dati quantitativi.
Questi ultimi sono innanzitutto quelli contabili, cioè economico-finanziari: si provi ad immaginare un’impresa che non conosce l’entità della ricchezza prodotta (gli utili) o distrutta (le perdite), il valore del proprio patrimonio, e così via.
I valori contabili però sono spesso insufficienti e vanno integrati da dati quantitativi extra-contabili, in parte all’origine di quelli contabili (ad esempio il volume di vendita, i consumi di materie, le ore di lavoro, ecc.), e in parte a fianco di questi, per completare il monitoraggio dei risultati (ad esempio la quota di mercato, il tasso % di concentrazione delle vendite verso pochi clienti, ecc.).
C’è però una cosa che l’esempio del cruscotto automobilistico ignora e a cui invece il Controllo di Gestione di un’azienda deve dare il massimo risalto, vale a dire la quantificazione degli obiettivi di fondo della gestione, quelli che, come si usa dire, sono definiti dal piano strategico o di lungo periodo.
Il sistema di monitoraggio di un’auto, per forza di cose, segnala ciò che sta avvenendo o sta per avvenire, per rendere possibile una guida sicura nell’immediato.
Non s’ispira, se non in parte, a obiettivi di guida ottimale fra qualche anno.
Anche a questo proposito, si provi a pensare a quanta efficacia possiede un sistema di Controllo di Gestione aziendale dotato sì di strumenti di misurazione contabile ed extra-contabile, ma incapace di una misurazione mirata dei risultati, cioè coerente con gli obiettivi di gestione che si vogliono raggiungere.
E, a questo proposito, come fa a controllare i risultati se gli obiettivi ci sono, ma non sono a loro volta quantificati? Non basta dire ad esempio obiettivi di redditività, se questi non vengono a loro volta quantificati.
La cultura dei numeri è sicuramente patrimonio della categoria professionale degli amministrativi: gli uffici contabili, il professionista esterno e, quando c’è, il Controller.
Tuttavia, rischia di essere un patrimonio largamente inutilizzato se chi dirige l’impresa, come titolare o come manager, non la possiede a sua volta, ovvero “è il primo a crederci poco”.
Fonte: https://farenumeri.it/misurazioni-controllo-di-gestione/
A cura di: