Dai bagnini agli operai, ma anche agricoltori, vigili urbani, giardinieri, attività in cantieri edili e molti altri: inItalia sono circa 700 mila i lavoratori esposti a radiazioni solari ultraviolette.
L’esposizione ai raggi solari ultravioletti è uno dei rischi di maggior interesse per i cosiddetti “lavoratori outdoor”, vale a dire quei lavoratori che svolgono la propria attività prevalentemente all’aperto.
La radiazione UV deve essere considerata un vero e proprio rischio di natura professionale per questa categoria di lavoratori e deve essere posto al medesimo livello di tutti gli altri rischi presenti nell’ambiente di lavoro.
La luce del sole è composta da radiazioni di varie lunghezze d'onda, ovvero luce visibile, raggi infrarossi e ultravioletti.
Questi ultimi costituiscono quelli potenzialmente dannosi e si suddividono in:
- UVC: non raggiungono la superficie terrestre, in quanto vengono bloccati dallo strato di ozono dell'atmosfera;
- UVB: abbronzano, provocano eritemi e scottature e sono correlati ad un aumento di rischio di tumori della pelle;
- UVA: abbronzano, provocano l'invecchiamento della pelle e sono anch'essi correlati ad un aumento di rischio di tumori cutanei.
L’esposizione al sole per un tempo più o meno lungo (la variabilità è soggettiva) può provocare effetti nocivi per la salute della cute e degli occhi sia a breve termine (con effetti acuti) sia a lungo termine (con effetti cronici).
Effetti cutanei:
- Di tipo acuto quali: eritema solare, fotodermatiti da agenti fototossici, dermatiti foto allergeniche da contatto;
- Di tipo cronico quali cancerogenicità e fotoinvecchiamento.
Effetti oculari:
- Di tipo acuto quali fotocongiuntivite, fotocheratite ecc;
- Di tipo cronico quali: cataratta, tumori oculari, degenerazione maculare legata all’età, ecc.
Inoltre, vi sono effetti di tipo indiretto come l’abbagliamento dovuto alla componente visibile.
Esso deriva dalla rifrazione della luce solare su superfici lisce e riflettenti. Tale fenomeno può inibire temporaneamente la funzione visiva provocando un aumento del rischio di infortunarsi.
Un interessante documento INAIL: “la radiazione solare ultravioletta: un rischio per i lavoratori all’aperto” ha fornito degli utili consigli per la protezione dei lavoratori outdoor:
- Organizzazione del lavoro: il lavoro deve essere organizzato in modo tale che le attività esterne vengano svolte durante gli orari mattutini o serali quando i raggi UV sono meno intensi. Inoltre, è bene sfruttare zone d’ombra prodotte da costruzioni o alberi o, se non vi sono, creare zone d’ombra.
- Abiti adeguati: è importante evitare che i lavoratori svolgano i loro compiti a torso nudo o in canottiera. Vanno indossati invece abiti leggeri e larghi, maniche e pantaloni lunghi e, preferibilmente, tessuti che proteggano dai raggi UV.
Importante è anche proteggere gli occhi attraverso gli occhiali da sole. Per la scelta dei DPI oculari sono da preferirei filtri ottici di categoria 2 o 3:
- Categoria 2. Percentuale di trasmissione: 18 – 43%. La lente è mediamente colorata. Questi filtri sono adatti all’aperto in condizione di soleggiamento medio.
- Categoria 3. Percentuale di trasmissione: 8 – 18%. La lente è scura ed è idonea in caso di elevata luminosità ambientale, in condizioni di luce solare intensa.
Molto consigliato è anche indossare un cappello a tesa larga per la protezione del capo e del viso.
- Creme solari: l’utilizzo di creme solari è l’ultima linea di difesa da adottare; l’impiego di queste per la protezione della pelle è fortemente raccomandato nel caso in cui si indossino indumenti non completamente coprenti, specialmente per viso e collo.
Una fondamentale (e obbligatoria) misura di prevenzione è sicuramente l’attività di formazione ed informazione dei lavoratori in merito a tale rischio specifico.
Se la Valutazione dei Rischi evidenzi un’abituale (o comunque prevedibile) esposizione dei lavoratori a mansioni all’aperto, deve essere attivata la sorveglianza sanitaria.
È necessaria una visita preventiva per verificare se al momento dell’assunzione vi siano fattori di rischio e successivamente periodica a seconda della valutazione individuale riportata nel Protocollo Sanitario.
La sorveglianza sanitaria ha lo scopo di prevenire o, comunque, evidenziare eventuali lesioni precancerose e/o cancerose nella fase più iniziale possibile in modo da poter intervenire precocemente.