COSTI DIRETTI E INDIRETTI: QUALI DIFFERENZE?

I costi diretti e indiretti sono una tipica distinzione della contabilità analitica, che fa riferimento a prodotti, o ad altri oggetti di calcolo come: i tipi di clientela, le commesse, i centri di costo, e via dicendo.

La loro distinzione è diversa dai costi variabili e i costi fissi, dove i costi variabili variano al variare del volume di produzione, mentre i costi fissi restano costanti nonostante le variazioni di volume.

I costi diretti

I costi diretti sono quei costi che vengono imputati tramite la misurazione oggettiva della quantità di risorsa impiegata per ciascun prodotto, valorizzata ad un prezzo unitario conosciuto.

Gli esempi più diffusi sono quelli delle materie prime e della mano d’opera diretta.

 

La formula generale d’imputazione ad un’unità di prodotto è:

 

Quantità di risorsa per fare 1 unità di prodotto x prezzo unitario della risorsa.

 

Ad esempio, per le materie prime, distinte nei vari componenti:

 

3 unità componente A x 10 € l’una = 30 €.

L’imputazione dei costi diretti ai prodotti, nelle produzioni industriali di serie, è facilitata dall’esistenza di adeguati archivi tecnici, che sono tipicamente:

- La distinta base, che contiene l’elenco dei materiali occorrenti per produrre un dato prodotto, con i relativi consumi standard.

- I cicli di lavorazione, che per ogni fase del processo produttivo indicano il tempo di lavoro del personale e delle macchine.

Esistono altri costi definibili diretti perché si sostengono solo e specificamente per quel prodotto (ad esempio: gli ammortamenti di attrezzature dedicate, la pubblicità di prodotto, solo per citarne alcuni).

I costi indiretti

I costi indiretti sono quei costi che vengono imputati mediante una ripartizione in base ad un criterio individuato ad hoc.

Questo è ben diverso dall’imputarli sulla base di una quantificazione oggettiva della quantità di risorsa impiegata.

I costi indiretti corrispondono alle risorse impiegate per il funzionamento dell’azienda nel suo insieme, o per i suoi sottosistemi come: funzioni, processi, ad esempio, che non hanno un legame logico di causa (il prodotto) ed effetto (il costo) per uno specifico prodotto.

 

Si tratta di numerosi costi aziendali, quali:

- Stipendi e altri costi amministrativi;

- Altri stipendi di personale non impegnato su singoli prodotti;

- Ammortamenti d’immobili, impianti, macchinari;

- Costi d’illuminazione, riscaldamento, telefono, sorveglianza, pulizia;

- Canoni di locazione.

Questi costi vengono chiamati anche generali, comuni, o overhead, e sono tanto più generali quanto più tenue è il loro legame logico con uno specifico prodotto.

L’imputazione dei costi indiretti ai singoli prodotti è uno dei temi più complessi della contabilità analitica e del Controllo di Gestione.

Come imputare i costi indiretti?

Alla frequente domanda: come faccio ad imputare i costi indiretti? Non si può dare una risposta univoca.

 

Infatti, per ogni costo indiretto occorre ragionare in questo modo:

- Ha senso imputare quel costo al prodotto?

- Se sì, qual è il suo legame con il prodotto?

 

La prima domanda è importante perché i costi di gestione extra-operativa, cioè non per gestire il business come, ad esempio, gli interessi passivi e gli oneri straordinari, oltre a non avere alcun legame con i prodotti, in generale non sono rilevanti per raggiungere gli scopi del calcolo del costo di prodotto.

Alla seconda domanda si può rispondere dicendo che per ogni costo indiretto occorre individuare il driver di prodotto, vale a dire il suo determinante o causa.

Spesso si usa come criterio d’imputazione quello delle ore di lavoro diretto, le ore-macchina, o altri criteri simili, anche se a volte ciò si rivela impreciso e fuorviante.

Ad esempio, costi indiretti come quelli per l’attrezzaggio delle macchine non dipendono dalle ore, ma dal numero di lotti di produzione.

Per fare un semplice esempio, ipotizziamo di avere i seguenti dati e che i costi indiretti di produzione sono ripartiti in proporzione alle ore di lavoro diretto:

- Costi indiretti da ripartire: 100.000 €;

- Ore lavoro diretto totali di un periodo: 10.000 €;

- Ore lavoro diretto per il prodotto B: 2.000 €.

 

La ripartizione proporzionale darà come risultato che la quota dicosti spettante a B (a tutte le unità, in totale) è: 100.000 € x 2.000 € /10.000 € = 20.000 € che andrà poi diviso per i numeri di unità prodotte di B.

 

Esistono più metodologie di contabilità analitica, di cui la contabilità per centri di costo (la più nota e diffusa), per rendere più attendibile l’imputazione dei costi indiretti.

Con tale contabilità si evita d’imputare ai prodotti costi che non hanno alcun legame con i prodotti stessi e si addebitano i costi indiretti in modo più mirato.

Costi diretti e indiretti e configurazioni di costo

L’analisi dei costi, con la classificazione in costi diretti e costi indiretti, suggerisce di mettere a fuoco il concetto di configurazione di costo.

Per configurazione di costo s’intende la grandezza derivante dalla somma delle varie voci di costo.

 

Per essere più chiari:

Ciascuna configurazione di costo risponde a particolari esigenze operative gestionali.

Ad esempio, il costo diretto serve per prendere decisioni molto mirate su un prodotto o per verificarne la redditività.

Il costo pieno, invece, è utilizzato spesso nelle decisioni di prezzo di vendita, con i dovuti accorgimenti, o per altri calcoli di convenienza economica.

Fonte: https://farenumeri.it/costi-diretti-e-indiretti/

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