Poche espressioni come “lavorare per obiettivi” o “gestire per obiettivi” sono tanto frequenti nel linguaggio aziendale.
Focalizziamo inizialmente la nostra attenzione su “gestire per obiettivi”, che è un concetto più ampio di “lavorare per obiettivi”, perché riguarda un approccio globale d’azienda e non solo specifiche attività svolte da qualcuno al suo interno.
Se non sono chiari (o non esistono) veri e propri obiettivi da raggiungere, ogni giudizio sui risultati conseguiti rischia di tradursi in sensazioni o conclusioni superficiali.
Vediamo che cosa significa il modello lavorare per obiettivi, come attuarlo, chi ne è coinvolto e quali sono i suoi limiti.
Una vera gestione aziendale per obiettivi si basa sui seguenti principi:
- Che esistano e siano esplicitati chiari obiettivi di fondo della gestione, proiettati in un arco di tempo di medio-lungo termine.
Ad esempio, mirare ad un soddisfacente livello di redditività del capitale investito.
- Che tali obiettivi, normalmente di natura economico-finanziaria siano, nei limiti del possibile, quantificabili.
Ad esempio, raggiungere un livello di redditività del capitale del 10%.
- Che abbiano una precisa collocazione temporale. Ad esempio, arrivare al target di cui sopra entro 3 anni.
- Che vengano sistematicamente rilevati i risultati della gestione, per verificare se gli obiettivi si stanno raggiungendo.
Possiamo anche esprimere il concetto al contrario: non è una gestione per obiettivi porre traguardi generici del tipo creare valore, oppure svilupparsi, senza precisare come minimo quanto e quando. Né lo è fissare traguardi il cui raggiungimento non si monitora mai o solo in maniera episodica.
Come tradurre un naturale principio di corretta gestione aziendale in pratica?
A questo proposito sorreggono innanzitutto le logiche, i metodi e le tecniche di quella disciplina che si chiama pianificazione e Controllo di Gestione.
In primo luogo, deve essere chiaro che esiste quasi sempre un gap tra gli obiettivi e la consapevolezza di quello che bisogna fare per raggiungerli.
Colmare questo gap significa:
- Fissare dei sotto-obiettivi con un nesso logico causale rispetto agli obiettivi.
Ad esempio, per ottimizzare il rendimento del capitale devo mirare a margini cospicui di redditività dei ricavi e gestire in modo efficiente il capitale investito a supporto delle vendite; ciò comporta un processo a cascata che conduce alle leve di gestione su cui agire (ad esempio modificare il mix dei prodotti da vendere).
- Formulare dei piani d’azione del percorso da seguire e delle risorse da impiegare per avvicinare, secondo tempistiche prestabilite, gli obiettivi formulati.
Il Business Plan, il budget e altri strumenti di proiezione nel futuro servono proprio a questo, non a indovinare quanto guadagneremo o perderemo i prossimi anni.
In secondo luogo, è necessario monitorare l’avanzamento dei programmi e l’andamento dei risultati che si stanno conseguendo, dedicando la dovuta attenzione ai segnali precoci di possibili insuccessi futuri o, al contrario, di allineamento alle aspettative.
Questo perché gestire per obiettivi non sia solo un abito mentale (come, in ogni caso, deve essere), ma significhi anche rendersi conto che, quando è ora, occorre cambiare la direzione di marcia.
Ad un approccio del genere si obietta che è precluso alla maggior parte delle piccole imprese per ragioni culturali e organizzative, ma anche perché è costoso, e inoltre comporta il rischio di burocratizzare l’azienda.
Quello delle piccole imprese è un mondo che nello stesso tempo presenta caratteristiche apparentemente contraddittorie: per esse valgono gli stessi principi di gestione e organizzazione validi per tutte le altre aziende; tuttavia, spesso i loro titolari percepiscono tali principi come estranei alla loro realtà, per cui molte logiche e pratiche gestionali possono avere applicazione solo con gradualità, per approssimazioni successive.
Si pensi ad una piccola impresa il cui titolare non ha tempo da dedicare alla formulazione sistematica di obiettivi e piani e al monitoraggio altrettanto sistematico dei risultati. Convincerlo a fare tutto ciò è spesso proibitivo. Tuttavia, egli per primo è (deve essere) consapevole che “navigare a vista” è controproducente e pericoloso. Sicuramente è consapevole che esperienza, intuito, creatività fanno fare poca strada se mancano adeguati parametri di riferimento, siano essi storici o esterni.
Quindi, il primo passo verso una sana gestione per obiettivi è mettere l’imprenditore in condizione di confrontarsi con i propri risultati passati e quelli di concorrenti e altri soggetti esterni.
Naturalmente bisogna scegliere con accortezza il tipo di risultato da rilevare e la grandezza (indicatore) con cui farlo. Gli indicatori contabili sono fondamentali, ma altrettanto importanti sono gli indicatori non monetari che segnalano i driver delle performance economiche.
Di norma, il radicamento in azienda della cultura del confronto del risultato (anche solo con parametri storici o esterni) è conditio sine qua non per affrontare la sfida della gestione per obiettivi.
Quest’ultima, con il crescere delle dimensioni e della complessità aziendale, diventa a quel punto praticamente ineludibile.
In sostanza si può dire che per molte PMI la gestione per obiettivi è di là da venire, ma proprio per questo impone il passaggio per la sua anticamera, che potremmo definire una gestione per risultati incardinata sul confronto.
Chi è coinvolto nella gestione per obiettivi?
Rispondere a questa domanda è semplice in una PMI: se esiste qualche forma di gestione per obiettivi, è facile che la questione riguardi solo il titolare e al massimo qualche altra figura, purché abbia un minimo di autonomia gestionale.
Al crescere delle dimensioni aziendali, il processo di diffusione della logica per obiettivi all’interno dell’organizzazione è un fatto quasi naturale.
Come altrimenti potrebbe un’impresa di medie e grandi dimensioni rendere omogeneo e coerente con le scelte aziendali il comportamento di numerosi ruoli-chiave, appartenenti a funzioni differenti e con orientamenti spesso conflittuali, senza richiedere continui interventi della direzione per ripristinare il coordinamento necessario?
Coinvolgere nella gestione per obiettivi (e sotto-obiettivi) tali figure e allinearle agli obiettivi di fondo della gestione non è sufficiente per garantire coordinamento e consapevolezza della strategia di business, ma ridimensiona il rischio che qualcuno vada per la sua strada, magari senza neanche sapere quali sono le priorità aziendali.
Nelle imprese dove la gestione per obiettivi comporta modalità articolate di diffusione degli obiettivi e di allineamento dei vari responsabili, i criteri di definizione degli obiettivi assumono importanza fondamentale: non basta introdurre la logica degli obiettivi, ma bisogna anche avere ben chiaro come questi devono essere espressi e vanno determinati.
Qualcuno parla al riguardo di obiettivi SMART, dove SMART sta per Specific (specifico), Measurable (misurabile), Achievable (raggiungibile), Relevant (rilevante), Time-based (tempificato).
Tra questi requisiti, decisamente di buon senso, quello della raggiungibilità (achievable) mette a fuoco meglio di ogni altro gli aspetti psicologici e motivazionali che la gestione per obiettivi comporta.
Come ricerche importanti hanno dimostrato già parecchi decenni fa, obiettivi impegnativi possono accrescere la motivazione dei soggetti, al contrario di obiettivi facili da raggiungere.
Ciò però è vero solo fino ad un certo livello, oltre il quale affiora la demotivazione (sono troppo difficili), premessa per un calo delle prestazioni e dei risultati.
Premesso che a livello globale d’impresa la gestione per obiettivi è sempre una buona regola, essa, come ogni altro sistema gestionale, presenta dei limiti, che possono suggerire di attuarla con dei temperamenti, di rinviarne l’applicazione o di non applicarla affatto.
La prima considerazione in merito riguarda il fatto che gli obiettivi, se espressi in modo preciso e quantificato, comportano sempre un certo grado di stabilità e di rigidità, che può scontrarsi con situazioni di mercato e di ambiente altamente dinamico e incerto.
Il tentativo di perseguirli a tutti i costi può rivelarsi controproducente e, d’altro canto, la tentazione di modificarli spesso può generare incertezza e confusione.
Le esigenze di flessibilità suggeriscono dunque di temperarne l’applicazione, considerandoli orientativi piuttosto che vincolanti.
Un altro limite si manifesta in presenza di attività fortemente ispirate a criteri di creatività, che male si prestano non solo ad essere ingabbiate in procedure e regole rigide, ma anche ad essere indirizzate verso obiettivi temporali e quantitativi, che potrebbero inibire proprio la capacità di innovazione di chi le deve svolgere.
Altri limiti spesso citati, come la cultura aziendale non idonea, la non misurabilità di obiettivi qualitativi o i comportamenti controproducenti indotti da sistemi che legano al raggiungimento degli obiettivi eventuali bonus dei dipendenti, sono ostacoli che si oppongono ad una corretta adozione del sistema, piuttosto che limiti intrinseci della gestione per obiettivi.
Fonte: https://farenumeri.it/lavorare-per-obiettivi/
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