Il Global Gender Gap Report 2023, esaminando il progresso verso la parità di genere in 146 Paesi, ha rivelato che, nonostante alcuni progressi, il cammino da percorrere è ancora significativo.
Questo studio approfondito valuta la parità di genere attraverso quattro dimensioni chiave: opportunità economiche, accesso all'istruzione, salute ed emancipazione politica.
Le conclusioni del rapporto indicano chiaramente che sono necessari ulteriori sforzi per raggiungere una vera parità.
La Finlandia è stata la prima nazione in Europa, il 18 marzo 1917, a consentire alle donne di esercitare il diritto di voto grazie all'introduzione del suffragio universale per le elezioni parlamentari.
Da quel momento, numerosi Paesi nel mondo hanno compiuto notevoli progressi verso l'uguaglianza dei diritti e delle opportunità tra uomini e donne.
Tuttavia, la disuguaglianza di genere persiste ancora oggi in maniera significativa.
Nonostante i miglioramenti in corso, si prevede che il divario di genere globale sarà colmato solo nel 2154.
Si definisce “disuguaglianza di genere” quando un genere è sottorappresentato o svantaggiato, non solo nella vita privata e quotidiana, ma anche in ambiti pubblici, sociali, economici e politici.
Questo divario è particolarmente accentuato in Italia rispetto al resto d'Europa, ed è evidente già dalle scelte educative (e di conseguenza, dalle scelte professionali).
Crescendo, molte ragazze finiscono per convincersi di non essere adatte a settori tecnico-scientifici, che di solito offrono migliori opportunità di carriera e stipendi più alti. Questo fenomeno porta alla cosiddetta “segregazione orizzontale”, con una diversa distribuzione di uomini e donne in specifici settori e professioni (ad esempio, l'alta presenza femminile nei settori amministrativi, dei servizi, del commercio, ecc.).
Le cause di questa situazione risiedono nell'educazione e negli stereotipi radicati nella società, che spesso le donne stesse finiscono per accettare.
Questi stereotipi agiscono già nell'ambito domestico, dove la donna è tradizionalmente vista come la principale responsabile dei lavori di cura e assistenza.
Nel caso della presenza di figli, la carenza di servizi per l'infanzia, inoltre, impedisce ad entrambi i genitori di bilanciare lavoro e vita familiare, spingendo uno dei due – quasi sempre la madre – a ridurre o abbandonare il lavoro, spesso optando per un impiego part-time.
Attualmente, si osserva un lieve cambiamento: sempre più donne lavorano fuori casa e gli uomini iniziano a riconoscere e assumere maggiori responsabilità familiari.
Nonostante i progressi, gli stereotipi che dipingono le donne come il "sesso debole", meno adatto a svolgere determinate mansioni, troppo sensibile e poco assertivo, continuano ad essere radicati e influenzano, ad esempio, i processi di selezione lavorativa.
In queste situazioni, spesso vengono adottati criteri di valutazione specifici per genere. Numerose sono le donne, che pur avendo pari o maggiori competenze e certificazioni, non vengono considerate idonee per certe posizioni, in particolare quelle manageriali o dirigenziali.
Questo fenomeno è noto come "soffitto di vetro", indicando le difficoltà che una donna affronta, una volta entrata nel mondo del lavoro, nell'avanzare nella propria carriera e raggiungere ruoli apicali, che rimangono prevalentemente riservati agli uomini.
Anche le retribuzioni risentono di questi pregiudizi: il divario salariale di genere (gender pay gap) è molto marcato nel nostro Paese, soprattutto nel settore privato.
L'ottenimento da parte delle donne di un'istruzione "diversa" o"superiore" non basta a colmare questo divario; anzi, i maggiori dislivelli salariali si riscontrano tra i lavoratori con i salari più alti e un'istruzione elevata.
Alcune ricerche suggeriscono, tuttavia, che le donne con un alto livello di istruzione sperimentano differenze retributive di genere minori man mano che la durata del loro rapporto di lavoro aumenta. Alcuni studi attribuiscono parte di questo divario anche a differenze di personalità: ad esempio, a parità di istruzione, le donne meno sicure di sé tendono a guadagnare meno rispetto agli uomini eccessivamente sicuri di sé.
Dal punto di vista sociale, il divario salariale contribuisce a mantenere lo status quo dei ruoli di genere, perpetuando una condizione di inferiorità delle donne nella società.
La riduzione del divario di genere è il quinto obiettivo dell’Agenda 2030 dell’ONU.
In particolare, possiamo soffermarci sul traguardo 5.1 (“Porre fine, ovunque, a ogni forma di discriminazione nei confronti di donne e ragazze”), 5.4 (“Riconoscere e valorizzare la cura e il lavoro domestico non retribuito, fornendo un servizio pubblico, infrastrutture e politiche di protezione sociale e la promozione di responsabilità condivise all’interno delle famiglie, conformemente agli standard nazionali”) e 5.5 (“Garantire piena ed effettiva partecipazione femminile e pari opportunità di leadership ad ogni livello decisionale in ambito politico, economico e della vita pubblica”).
Il Global Gender Gap Report 2023, ha messo in evidenza come il cammino verso la completa parità di genere è ancora lungo e impegnativo.
Per quanto concerne l'istruzione, resta solo un 4,8% di divario di genere da colmare.
Tuttavia, nelle professioni STEM, le donne sono ancora significativamente sottorappresentate, costituendo il 49,3% degli impiegati nelle professioni non STEM e appena il 29,3% in quelle STEM.
Nel mercato del lavoro, la parità di genere è ancora un obiettivo lontano: le donne affrontano tassi di disoccupazione più elevati rispetto agli uomini e, anche quando trovano lavoro, spesso si trovano in condizioni meno favorevoli.
I dati rivelano anche che le donne occupano solo il 32,2% delle posizioni dirigenziali, circa il 10% in meno rispetto alla loro presenza complessiva nella forza lavoro femminile, che è del 41,9%.
Nel campo della leadership politica, nonostante un aumento delle donne in posizioni decisionali, i divari di genere persistono.
Nel 2013, nei 76 Paesi con dati disponibili, solo il 18,7% dei membri del Parlamento erano donne, una percentuale che è salita al 22,9% nel 2022.
Al 31 dicembre 2022, il 27,9% della popolazione mondiale viveva in Paesi con un capo di Stato donna.
Il Global Gender Gap Index, è un indice che viene utilizzato per valutare la distanza di un Paese dalla parità di genere.
Va da 0 (assenza di parità) a 1 (totale parità). Con un punteggio di 0,705, il nostro Paese si posiziona al 79esimo posto (rispetto al 63esimo posto del 2022), con il punteggio più basso (0,618) nell’area “partecipazione economica e opportunità” (104esimo posto).
L'Islanda è il Paese che ha colmato oltre il 90% del divario di genere, occupando il primo posto, seguita da Norvegia e Finlandia.
Affrontare le disuguaglianze di genere richiede un aumento della partecipazione economica delle donne ed una distribuzione equa di uomini e donne nei ruoli di leadership, sia nelle aziende che nel Governo. Soluzioni concrete includono l'introduzione di congedi parentali equamente distribuiti, l'adozione di politiche di parità di genere certificate ed il rafforzamento dell'istruzione civica.
Questi interventi sono essenziali per accelerare l'eliminazione delle disuguaglianze e promuovere il riconoscimento delle persone in base alle loro competenze e capacità, indipendentemente dal genere.
Fonte: https://www.cliclavoroveneto.it/-/cos-%C3%A8-la-disuguaglianza-di-genere
A cura di: